“Snowpiercer” è un film del filone (sempre verde) fantascientifico apocalittico. Parte con premesse molto interessanti: l’umanità, per contrastare gli effetti del surriscaldamento globale, lancia nell’atmosfera un elemento chimico che svolge troppo bene il suo compito portando alla glaciazione il pianeta. Quindici anni dopo l’accaduto scopriamo che gli unici sopravvissuti al cataclisma vivono su un lunghissimo treno in perenne movimento su rotaie (costruite da un fanatico imprenditore di treni prima del cataclisma) che collegano i continenti. Il treno è diviso in prima, seconda classe ed una terza che, più che altro, definirei per il bestiame umano, un vero letamaio da cui, si capisce, la gente vuol fuggire. Fin dai primi minuti si apprende del giusto malcontento e dell’inevitabile rivolta dei poveretti verso le classi più agiate… Una sorta di rivoluzione francese su rotaie, dove il “popolo” non marcia sulla Bastiglia o su Versailles, ma per giungere in capo al treno, ovvero alla locomotiva dove il fanatico imprenditore e costruttore di treni di cui parlavo prima spadroneggia su tutti… Fin qui, il film manteneva le promesse che mi aspettavo, ma poi… beh… tutto si perde in una sequela di scene di azione e sangue, a scapito della psicologia dei personaggi, e in altre surreali tipo la pausa sushi (seduti al bancone, come se niente fosse, mangiano sushi in compagnia del loro prigioniero che fa da Cicerone quasi), mentre avanzano verso la prima carrozza, o quella dell’allegra maestra incinta che prima fa intonare alla scolaresca una grottesca canzocina su quanto sia magnifico e quasi divino colui che ha costruito il treno, poi, con nonchalance, tira fuori un mitra e comincia a sparare sul piccolo gruppo di rivoltosi giunto fin lì, senza curarsi dei suoi alunni… Come non menzionale poi quella sorta di semi-immortale “carceriere” che insegue il gruppo, animato da furore perché gli hanno ammazzato l’amico. Una vera “perla” la scena del duello alla western fra lui ed il protagonista che avviene da finestrino a finestrino di due diversi vagoni, dato che in quel momento il treno percorreva una lunghissima curva ad U… Il semi-immortale da solo “sfoltisce” molto il gruppo di rivoltosi, fino ad arrivare quasi in testa. Persino quando verrà infilzato al fianco si rialzerà dopo poco, neanche fosse uno zombie di Resident Evil… Andando avanti nella marcia sempre più solitaria del protagonista apprendiamo che la pazzia dilaga sul treno, fra gli sfrenati eccessi di droghe e orge della prima classe, e i discorsi del fanatico imprenditore costruttore di treni che sta nella locomotiva. Se c’era un messaggio ecologista, sociologico o altro, non si è capito… Rimane solo l’ultima scena dove, deragliato il treno, i due sopravvissuti, una ragazzina e un bambino, guardano i monti innevati e vedono un orso polare che li guarda. Probabilmente sta a significare che c’è ancora vita sulla terra o forse l’orso li guarda come a dire: “Prima mi stavo per estinguere io e ora rischiate voi.”? Non lo so, ma io ho pensato, con un sospiro di sollevo, che il film era finalmente finito…
Una stella su cinque.
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